La mia libreria

di Valentina

Lavoro in una libreria di un centro commerciale, alle porte della città con la più antica università del mondo occidentale. La dicotomia tra questo non-luogo e la culla dei saperi a pochi chilometri è evidente. Ed io dico spesso, scherzando ma neanche tanto, che lavoro in trincea, sia per la politica aziendale che ci chiede orari di apertura poco consoni ad una vita sociale attiva sia perché la nostra clientela è parecchio eterogenea e non è detto che se uno valica la soglia di una libreria, un libro lo abbia mai letto.
Ahimé, questo è il diletto e castigo di ogni libraio: il cliente ignorante e spocchioso, quello che ti chiede “il piccolo principe” di Machiavelli e non si capacità del fatto che non esista, o chi ti chiede “nella vecchia fattoria” di Orwell (la buonanima che tanto aveva previsto) e ti verrebbe da rispondere ia ia noooo!!!! E ultima, ma solo di giornata, la signora perplessa davanti alla tua proposta di far leggere Agatha Christie ad un ragazzino di 10 anni perché è una donna e quindi scrive al femminile (Sic!)
Perché se c’è una cosa peggiore del cliente ignorante e spocchioso è il cliente ignorante e spocchioso che fa della differenza di genere (maschio=blu, femmina=rosa) un vessillo.
Il sintomo è ben visibile nel reparto bambini e si acutizza durante le feste quando chi varca la soglia della libreria è deciso a comprare un libro ai pargoli.
Le opzioni per i maschi sono eterogenee: dinosauri, super eroi, costruisci aerei di carta, scopri il corpo umano/lo spazio, diventa detective/esploratore.
Per la femmina ci si ridimensiona: principesse, principesse spose, fatine, disegna la tua principessa, cucina con barbie, l’importante è che il colore passi dal rosa/fucsia al lilla e ci siano i brillantini.
Poi non lamentiamoci che a 40 anni si vada ancora in giro a baciare rospi!
Detto questo, che doveva essere una premessa ma non ho il dono della sintesi, io amo i libri!!!!! Amo le copertine, le illustrazioni, il profumo, il colore, i formati, la ruvidezza delle pagine ma più di tutto mi piace aprirli e scoprirli per la prima volta.
Dovete sapere che i libri vengono “partoriti” dal magazzino e posizionati su un capiente carrello a due piani. Tocca a noi librai trovar loro un “posto nel mondo” ed è una grande responsabilità.
La posizione di un libro ne deciderà la vita o la morte (da noi chiamata resa) ed il conseguente abbandono della libreria. Così tra ordini, sistemazioni, rese e vendite si consuma la giornata in libreria e sfatiamo il mito che il libraio passa il tempo a leggere (io semmai passo il tempo libero a farlo). Niente di più sbagliato, il libraio non ha tempo di leggere se non la quarta di copertina giusto per capire di cosa tratta e scegliere lo scaffale più appropriato. Il resto della conoscenza, che per ovvi motivi sarà superficiale ma estesa (molto estesa) la faranno articoli di giornale, recensioni, commenti dei clienti e degli agenti letterari.
Il rapporto libro/libraio è fisico (a fine giornata, gli avambracci sono spesso segnati dal peso della carta), mentale (chi sei? Dove ti metto?) ma anche spirituale.
Si, perché se non hai almeno un po’ di vocazione, la domanda “ma chi me lo fa fare?” la inzuppi nel caffé d’orzo la mattina e non è detto che la domanda non te la poni ugualmente.
Eppure, c’è un momento particolare in cui mi sento in pace con tutto e sento di far parte di questo mondo di carta. È quando la sera spengo le luci dopo una giornata di lavoro e sulla libreria cala la penombra e un riverente silenzio. Intravedo le pile di libri sui tavoli, i loro colori vividi nella mia mente, faccio scorrere le dita lungo lo scaffale, sui dorsi ruvidi, lisci, porosi, spessi e sottili e mi sembra che respirino, cha batta un cuore unico ed il mio si accordi ed entri in sintonia.
Ed allora sento le voci di ogni storia narrata, di ogni fiaba sussurrata e le parole, le migliaia, i milioni di parole si intrecciano ed io so che tutti questo sapere, questa fantasia che si sprigiona come un’essenza dalla carta mai verrà perduta se noi come custodi continueremo a preservarla e a prendercene cura e voi lettori a leggere questi tesori che sono, ne sono convinta, una medicina per l’anima.
barbato1

vincenzo moretti

Sociologo e Narratore. Sono nato nel 1955 da Pasquale, muratore e operaio elettrico, e Fiorentina, bracciante agricola e casalinga. Desidero quello che ho e continuo ad avere voglia di cambiare il mondo.

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