Lettera aperta al popolo della notte del #lavoronarrato

Carissime amiche, carissimi amici,
un po’ di voi mi conoscono un sacco, un sacco mi conoscono un po’ e un altro po’ non mi conosce affatto e poiché intendo parlare a tutte/i farò come se nessuno di voi mi conoscesse e cerco di essere il più sintetico e chiaro possibile.

L’approccio che stiamo avendo verso l’edizione 2015 de La Notte del Lavoro Narrato non mi piace. Se così vi sembra troppo generico aggiungo che quello che stiamo facendo mi sembra molto al di sotto delle possibilità e delle necessità. Alcuni numeri per tutti:

1. Siamo in sei (6) ad avere comunicato il nostro evento per il 30 Aprile 2015.

2. Siamo a zero (0) per quanto riguarda la proposta di eventi ulteriori rispetto a quello organizzato l’anno scorso, quando invece ci siamo detti più volte, anche durante l’evento napoletano del 7 settembre 2014 alla Feltrinelli, che il modo più realistico per avvicinarci almeno un poco all’obiettivo dei 1001 eventi che ci siamo dati per 2015 è quello che ciascuno dei 100 soggetti che hanno partecipato all’edizione 2014 avrebbe sollecitato amiche e amici ad organizzare a loro volta iniziative, moltiplicandole.

3. Siamo vicino allo zero (0) per quanto riguarda l’attività di condivisione, di rilancio, di ampliamento del nostro gruppo su facebook.

4. Siamo vicino allo zero (0) per quanto riguarda l’apertura di pagine social (facebook, twitter, altro) per promuovere la partecipazione e gli eventi.

5. Siamo vicino allo zero (0) per quanto riguarda la promozione e la diffusione del video relativo all’edizione 2014, rispetto al quale ciascuno di noi è stato molto più preso dalla domanda comprensibile ma in fin dei conti autoreferenziale “fammi vedere se ci sono e come ci sono” invece che dalla domanda “quante persone, associazioni, soggetti, amici posso coinvolgere facendogli vedere un po’ delle belle cose che abbiamo fatto l’anno scorso”.

Ecco, io mi fermerei qui, perché non è che dobbiamo fare l’elenco della lavandaia, tra di noi ci capiamo, credo, e alla fine capirsi vuol dire essere consapevoli che ci dobbiamo dare una grande mossa, tutti assieme, se vogliamo che la bellissima esperienza dello scorso anno si ripeta e si moltiplichi.
Facciamo così, aggiungo una cosa sola e poi basta, per dire soprattutto a chi non mi conosce che non me la sto prendendo con nessuno, che ho la fortuna di appartenere a una storia nella quale se uno se la deve prendere con qualcuno se la prende con se stesso, nel senso che si interroga innanzitutto su quello che lui non ha fatto o poteva fare meglio, che a questo mi dedicherò nei prossimi giorni, cercando di migliorare, che però forse questo esercizio di riequilibratura non riguarda solo me e che in ogni caso perdonatemi che io sono fatto così, uguale a mio padre, quando penso di dover dire una cosa se non la dico schiatto, e non mi pare il caso.
Con l’affetto e la gratitudine di sempre.
vincenzo
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vincenzo moretti

Sociologo e Narratore. Sono nato nel 1955 da Pasquale, muratore e operaio elettrico, e Fiorentina, bracciante agricola e casalinga. Desidero quello che ho e continuo ad avere voglia di cambiare il mondo.

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